"Il grandevetro", bimestrale pisano di politica e cultura

 

Milano. La rovina della linea del cielo

 

Non bastava al Moloch della speculazione immobiliare aver ridotto il bel volto di Milano a una maschera di sangue e di turpi cicatrici in sessant’anni di violenze, consenzienti i pubblici poteri? Cosa potranno escogitare ancora, pensavamo, i nostri amministratori e la benedetta, da loro, iniziativa privata? Che cosa il liberistico “gioco delle forze”?

Non era certamente rimasta intatta la finitura della città contro il cielo, skyline usa dire. Già nel 1948 il decano degli architetti razionalisti, Enrico Griffini, aveva lanciato l’allarme su ‘Edilizia Moderna’ del dicembre: “Il più orrendo disastro milanese è rappresentato dai sopralzi parziali o totali di edifici risparmiati dalla guerra, conseguenza di decadenza morale e civile… All’ordine edilizio della nuova Milano si è sostituito il disordine e il caos…Tutto il problema edilizio è oggi deformato dalla speculazione con abusi di ogni genere a dispetto delle Sovrintendenze, delle leggi, dei decreti. La norma del ‘fatto compiuto’ domina e ispira le varie soluzioni”.

Vorremmo possederla oggi la Milano di allora o anche quella degli anni Sessanta benché già lesa nella sua funzionalità e bellezza!

Uno degli ultimi decisivi attacchi è stato portato di nuovo al coronamento della città negli anni a cavallo fra ventesimo e ventunesimo secolo, dapprima in modo silenzioso, poi rumoroso perché sicuro dell’impunità. Siamo al “gioco del rovescio” rispetto agli abusi denunciati da Griffini: non è l’intervento “orrendo” a violare le leggi e le norme, sono queste ultime a concederlo, anzi a sollecitarlo. Si erano sottovalutati gli effetti di una subdola legge regionale del 1996 volta al riutilizzo residenziale dei sottotetti privi dei requisiti di abitabilità “per contenere il consumo di territorio” (oh! le mirabili intenzioni) e per “favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici” (qui la presa in giro è dichiarata). Ma poco si era visto lassù, forse perché un articolo della legge imponeva dei limiti alla sovversione. Necessitava maggior precisione al legislatore per poter “favorire”, questa è la verità, l’estremo scempio architettonico e urbanistico. La legge regionale n. 19 del 1999 travolge quei limiti e promuove “interventi finalizzati al recupero dei sottotetti” che comportino “l’apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l’osservanza dei requisiti di aeroilluminazione nonché… modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde” (applicazione esemplare del “gioco del rovescio”). Così le case, i palazzi possono crescere di un piano e più senza nemmeno il pudore di un arretramento (come usava). Il cornicione esistente può venir sovrastato da un paio di metri di muratura dotata a sua volta di un altro cornicione su cui s’imposta  il supertetto che, qualora prema “l’osservanza dei requisiti…”, parte in tromba verso cuspidi gotiche. Nella fascia muraria ritta appaiono finestracce spesso del tutto estranee alla composizione delle aperture sottostanti, sulle falde abbaini anzi abbaioni come casette unifamiliari o canili collettivi, tempietti accostati l’uno all’altro occupanti l’intero fronte, enormi mezzi tubi a schiera penetranti nella profondità della copertura adeguatamente rialzata, spesso base di un secondo sottotetto a sua volta rimpinzato di aperture. Sicché i progetti più astuti interpreti della legge oltre che testi dei più volgari trucchi del mestiere ottengono originali risultati di una nuova specie di architettura, quella pornografica, particolarmente adatta al compito di una metropoli dedita soprattutto al comprare e vendere: merci, persone, e la più merce di tutte, il denaro.

Oggi, dopo cinque anni di progressione degli interventi, i Verdi hanno riaperto la discussione a fronte di un incredibile disegno di un assessore comunale (certo Verga, ex assessore regionale) che abolirebbe qualche cautela adottata per gli edifici del centro storico. In ogni modo i Verdi sono stati i soli a mobilitarsi: ma l’architettura pornografica ha già vinto, nessuno che conti realmente nel sistema dei poteri milanesi si è opposto. Né si sono mossi i Democratici di Sinistra, gli artisti e gli esteti, la cultura architettonica e urbanistica di matrice universitaria. È la stessa condizione di fatto vigente a Milano ad averli tacitati. In primo luogo l’urbanistica post-moderna sbandierata oltre tre anni fa dal documento programmatico orientativo delle azioni della giunta comunale, autore un collega “di sinistra” modernamente cinico, consenziente la torma di nuova destra urbanistica: vale a dire: le scelte e le attuazioni urbanistiche ed edilizie le fa la verità del mercato, le fanno gli imprenditori e impresari “dinamici”, l’ente pubblico si accoda; in secondo luogo gli ordini professionali degli architetti, degli ingegneri e dei geometri: non hanno voluto intralciare con avvertimenti  cautelativi i propri iscritti, molti dei quali trepidanti di posarsi come uccellacci sui bei tetti di coppi milanesi e talvolta loro stessi pungoli del proprietario inerte davanti al favoloso regalo patrimoniale. In verità La Fondazione degli architetti milanesi ha dedicato una serata (il 24 giugno) alla discussione del fenomeno. Per dire come nomi emeriti presenti a un dibattito inconcludente non abbiano capito nulla: Gae Aulenti, dalla quale chiunque si sarebbe aspettato una dura contestazione della legge e una conseguente richiesta di cancellazione o di radicale trasformazione verso minime possibilità d’intervento conservativo, l’ha buttata anche lei (ugualmente al comune quando aveva capziosamente invitato la commissione edilizia a una maggior severità selettiva) nell’estetica, nel mero disegno architettonico “in sé”. Infatti, secondo lei, i risultati sarebbero stati finora deludenti perché si sarebbero realizzati abbaini di gusto ottocentesco e non coraggiosamente moderno! La responsabilità sarebbe dunque della mancanza di fantasia?  Ma via; se, come ho cercato di raccontare, se ne sono viste di tutti i colori quanto a fantasie malate, interpretazioni perverse della legge, liberismo anarcoide, appunto architettura pornografica. Altro che gusto ottocentesco, cara Gae.

Ci godiamo ormai poco meno che 4.000 casi di interventi pesantissimi, ossia rifacimenti radicali con vasti ampliamenti, nuove edificazioni aeree, trasformazioni irragionevoli: tutto, è ovvio, riguardante non case popolari o di tipo economico, o condomini di basso rango, ma edifici di buona e alta qualità, dotati di una loro forma architettonica dignitosa quando non addirittura di un’assoluta  bella presenza ottocentesca o novecentesca lungo belle strade milanesi. E nuovi progetti premono. Persino il “Corriere” segnala l’esistenza di una nuova città celeste: “come esiste una Milano del sottosuolo fatta di cantine, canali e metropolitane, esiste ora una Milano sopra i tetti fatta di piscine, giardini pensili, abbaini, mansarde e cappuccine… la città sopra i tetti è un cantiere aperto” (29.7.2004). Se poi vogliamo ricordare che Milano, mentre presentava al proscenio questo nuovo volto, ne teneva nascosto dietro le quinte un altro non meno osceno dovuto a quei 16.000 primi casi di neo-condono emersi appena si era vista l’occasione dell’ennesima sanatoria mentre era  lontanissima dalla conclusione (e lo è tutt’oggi) la regolarizzazione del gigantesco abusivismo anteriore: ebbene, non ci sorprendiamo del disastro ambientale a cui peraltro partecipano tanti altri aspetti in ogni campo della vita e dello spazio metropolitani. Così è, così è giusto che sia nella capitale economica e non più morale, così nella città orfana delle due classi sociali che ne sostanziavano i vecchi valori e la vecchia immagine materiale e morale: classe operaia e borghesia industriale. Milano: i nuovi padroni, imprenditori e impresari edili, finanzieri, commercianti, signori della moda, ce l’hanno sottratta. Non la ritroveremo più.

Lodo Meneghetti

Agosto 2004